In determinati casi il riconoscimento del diritto all’oblio in merito alla pubblicazione di un articolo giornalistico comporta la necessità di trovare un punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti (quelli del titolare del sito di un archivio giornalistico e quelli del titolare del dato, non più accessibile dai comuni motori di ricerca) e dovendo considerare la permanenza dell’interesse alla conservazione del dato in ragione della rilevanza storico-sociale delle notizie di stampa, la semplice deindicizzazione dell’articolo (ed il conseguente aggiornamento dei dati) può essere ritenuta una soluzione soddisfacente.
La Corte di Cassazione, prima sez. civile, con l’ordinanza n. 7559/2020 (testo in calce) in esame ritorna sulla tematica di grande interesse del riconoscimento del diritto all’oblio con particolare riferimento al giusto contemperamento tra liceità dell’archiviazione on line di articoli giornalistici per finalità storiche con l’esigenza di garantire che i fatti narrati siano contestualizzati rispetto ai successivi sviluppi delle corrispondenti vicende.
Il fatto
Nel caso di specie, in particolare, il ricorrente non è soddisfatto della decisione del giudice di primo grado che ha imposto la sola deindicizzazione di un articolo relativo ad un proprio congiunto ritenuto lesivo dell’immagine e fuorviante, ma pretende la cancellazione di quell’articolo dall’archivio storico del giornale.
La decisione
La Suprema Corte, dopo un’attenta ed approfondita disamina della giurisprudenza in materia, respinge il ricorso e si dichiara assolutamente in linea con le argomentazioni del tribunale territoriale che esclude la violazione del diritto all’oblio sulla base di tutta una serie di argomentazioni che comportano nello specifico un bilanciamento tra i diritti del singolo e quelli della collettività.
In particolare il tribunale di Milano ritiene che una soluzione di ragionevole compromesso può essere proprio quella adottata con i provvedimenti che impongono la deindicizzazione degli articoli sui motori di ricerca generali, la cui conseguenza immediata è che l’articolo e la notizia controversa sono resi disponibili solo dall’attivazione dello specifico motore di ricerca all’interno del quotidiano. Tale semplice limitazione consente all’interessato di vedere estromesso dal dato che lo riguarda azioni di ricerca mosse da ragioni casuali o, peggio, futili. Tanto trova applicazione nell’ipotesi in cui il dato personale di cui si discute mantenga un apprezzabile interesse pubblico alla sua conoscenza, da valutarsi e da ritenersi sussistente in funzione non solo della perdurante attualità del dato di cronaca, ma anche in presenza del solo assolvimento del valore documentaristico conservativo proprio dell'archivio, sia pure integrato dagli aggiornamenti prescritti dalle Autorità intervenute in tema.
E’ fondamentale operare un bilanciamento degli interessi contrapposti - diritto al controllo del dato, diritto all'oblio del titolare dei dati personali e diritto dei cittadini ad essere informati – laddove, nel caso di specie, prevale, ex art. 21 Cost., il diritto della collettività ad essere informata con il conseguente diritto dei mezzi di comunicazione di informare in tutti ì casi in cui il dato sia trattato correttamente e permanga nel tempo l'interesse alla sua conoscenza secondo i profili indicati.
Secondo la Corte non è corretto individuare il sorgere del diritto all’oblio quale conseguenza automatica del trapasso del soggetto interessato. Allo stesso modo il mero trascorrere del tempo non comporta, ex se, il venir meno dell’interesse alla conoscenza del dato di cronaca, criterio che, se opzionato comporterebbe la non pertinenza di scopo di ogni archivio di stampa, cartaceo o informatico che sia.
L'interprete deve valutare se la compressione del diritto alla reputazione dell'interessato (definita da Cass. n. 5525 del 2012 "immagine sociale") derivante dal perdurare del trattamento dei dati giornalistici/d'archivio comporti, in una concreta fattispecie, un sacrificio non giustificato dal corrispondente interesse alla conoscenza del dato da parte della collettività.
In altri termini, sussiste ex art. 21 Cost., un generale diritto alla conoscenza di tutto quanto in origine lecitamente veicolato al pubblico, con conseguente liceità del fine del trattamento dei dati personali contenuti in archivio; tale diritto incontra un limite, in applicazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 196 del 2003 (l’ordinanza per ragioni di carattere temporale fa ancora riferimento alla normativa precedente) nelle fattispecie in cui la permanenza del dato nell'archivio informatico, per la sua potenziale accessibilità, non paragonabile a quella di una emeroteca, comporti un tale vulnus alla riservatezza dell’interessato da minarne in misura apprezzabile l’esplicazione dei diritti fondamentali della persona in ambito relazionale.
La Suprema Corte con riferimento al caso di specie ritiene che giustamente il tribunale milanese alla stregua dei suddetti principi, ha sottolineato che, nel caso in esame, emerge in tutta evidenza che il dato personale, derivante da attività di cronaca giudiziaria legittimamente esercitata, aveva ad oggetto l'attività imprenditoriale del defunto, azionista di riferimento di società industriali di rilievo nazionale e, in particolare, di condotte ritenute di potenziale rilievo penale, commesse al fine di mantenere/acquisire il controllo del gruppo societario. Di conseguenza nel bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste e permane l’interesse della collettività, ed in particolare del mondo economico, di “fare memoria” di vicende rilevanti per un soggetto che si presenta come primario centro di imputazione di interessi economici considerevoli per la collettività.
In definitiva, quindi, l'avere la società editrice provveduto alla deindicizzazione ed allo spontaneo aggiornamento dell'articolo in questione è stato ritenuto dal giudice a quo come soluzione idonea a bilanciare i contrapposti interessi in gioco, conservandosi il dato pubblicato, ma rendendolo accessibile non più tramite gli usuali motori bensì, esclusivamente, dall'archivio storico del giornale ed al contempo garantendo la totale sovrapponibilità, altrimenti irrimediabilmente compromessa, fra l'archivio cartaceo e quello informatico del medesimo quotidiano, nonché il diritto della collettività a poter ricostruire le vicende che avevano riguardato il controllo dell’impresa.
Secondo la Suprema Corte le argomentazioni del tribunale territoriale sono del tutto aderenti al dettato legislativo oltre che agli orientamenti giurisprudenziali in materia (v. Cass. n. 5525/2012; Cass. n. 13161/2016) posto che ha correlato la permanenza nell’archivio storico del giornale alle particolari esigenze di carattere storico/sociale insite nelle notizie oggetto di causa.
La Corte di Cassazione ricorda, peraltro, che la protezione normativa dell’archivio giornalistico sta cominciando a formare oggetto di attenta considerazione da parte del legislatore: basti pensare a quanto sancito nel Regolamento UE n. 2016/679 in cui sono state inserite norme (art. 9, par. 2, lett. j) finalizzate alla tutela delle attività di archiviazione nel pubblico interesse di ricerca scientifica o storica o a fini statistici.
Il diritto all'oblio subisce delle limitazioni (art. 17, par. 3, lett. d) nelle ipotesi in cui il trattamento dei dati sia necessario “a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all'art. 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento". L'art. 89, infine, al paragrafo 1, prende in considerazione garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato mediante l'adozione di misure tecniche ed organizzative che possano garantire il rispetto del principio della minimizzazione dei dati. Una parte del Regolamento (il titolo VII) è poi dedicata appositamente al trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici con la finalità di garantire la conservazione di quei dati che siano decisivi per la "memoria" della società.
Conclusioni
La Suprema Corte conclude che nella fattispecie in esame la necessità di trovare un punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti (quelli del titolare del sito dell’archivio e quelli del titolare del dato, non più accessibile dai comuni motori di ricerca) è stata ritenuta adeguatamente soddisfatta dalla deindicizzazione, unita allo spontaneo aggiornamento dei dati da parte del titolare del sito, considerata dal tribunale milanese come misura di protezione del singolo ponderata ed efficace, mentre l’intervento di rimozione sull’archivio storico informatico si sarebbe rilevata eccessiva e penalizzante così da danneggiare il punto di equilibrio degli interessi predetti. Di conseguenza, secondo la Cassazione, il giudice di merito nel considerare la permanenza dell’interesse alla conservazione del dato in ragione della rilevanza storico-sociale delle notizie di stampa, non ha violato le norme di legge anche in ragione delle cautele concretamente adottate e volte alla deindicizzazione della notizia dai siti generalisti.